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Premio Letterario Nazionale Poesia a Chiaromonte 2023
IX Edizione

Ultimo aggiornamento: 14 Marzo 2025
Clicca qui per il bando completo del concorso
Andamento del concorso:

  • Antologia del Premio spedita dal 15-12-2023 al 18-12-2023 – In data 06-10-2023 inviata a mezzo email bozza dell’antologia – In data 15-06-2023 inviata comunicazione a mezzo email cagli autori della sezione Poesia ammessi all’inserimento nell’antologia del premio.
  • La giuria ha reso noti i risultati in data 28-07-2023.
  • La proclamazione dei vincitori e dei segnalati, con la consegna dei relativi premi e riconoscimenti, si è svolta pubblicamente a Chiaromonte Sabato 16 Settembre 2023 alle ore 18:30 presso il Museo Antropologico di Giura in Largo dell’Area Sacra – Chiaromonte (Potenza) . Tutti i premiati sono stati avvisati.

  • Risultati

    La Giuria della 9^ edizione del Premio Letterario Nazionale Poesia a Chiaromonte 2023, composta da:
    Giuseppe Suriano (Docente e scrittore) Presidente della giuria
    Angelomauro Calza (Giornalista, scrittore)
    Enza Berardone (scrittrice)
    Nicoletta Fanuele (scrittrice)
    dopo attenta analisi delle opere pervenute, rende nota la rosa dei premiati di questa edizione.




    Premio Chiaromonte Premiati sezione A Poesia:


    • Opera 1^ classificata «È inverno» di Matilde Maria Bisegna, Bernalda MT. Vince Euro 150,00 – Targa di riconoscimento – Attestato di merito – Pubblicazione dell’opera premiata sull’antologia del Premio e su internet www.club.it
    • Opera 2^ classificata «Anima» di Natascia Milani, Maccagno con Pino e Veddasca VA.
    • Opera 3^ classificata «Il gabbiano» di Giuseppe Raineri, Bergamo BG
    • Opera 4^ classificata «Un giorno di primavera» di Lucio Postacchini, Monsampolo del Tronto AP
    • Opera 5^ classificata ex aequo «Provincia» di Luciana Battista, Gorgonzola MI
    • Opera 5^ classificata ex aequo «Tempi di guerra» di Rosanna Bianchi, Castelletto sopra Ticino NO
    • Opera 7^ classificata «Altalena» di Cassandra Serantoni, Roma RM
    • Opera 8^ classificata «Vischio» di Giulia Mansueto, Plamkstadt Germania
    • Opera 9^ classificata «Piumone a giugno» di Claudio Galli, Bologna BO


    Vincono Attestato di merito – Buono valido per avere 20 copie in omaggio in caso di pubblicazione di un proprio libro con la Casa Editrice Montedit – Pubblicazione dell’opera premiata sull’antologia del Premio e su internet www.club.it




    Premio Chiaromonte Premiati sezione B Poesia Dialetto:


    • Opera 1^ classificata «A Primavera» di Vicenzina Votta, Marsiconuovo PZ – Vince Euro 150,00 – Targa di riconoscimento – Attestato di merito – Pubblicazione dell’opera premiata sull’antologia del Premio e su internet www.club.it
    • Opera 2^ classificata «I Lucani» di Piera Caivano, – Picerno PZ – Vince Attestato di merito – Buono valido per avere 20 copie in omaggio in caso di pubblicazione di un proprio libro con la Casa Editrice Montedit – Pubblicazione dell’opera premiata sull’antologia del Premio e su internet www.club.it




    Premio Chiaromonte Premiati sezione C Narrativa:


    • Opera 1^ classificata «L’ultimo Supereroe senza poteri» di Michele Ungolo, Stigliano MT. Vince Euro 150,00 – Targa di riconoscimento – Attestato di merito – Buono valido per avere 20 copie in omaggio in caso di pubblicazione di un proprio libro con la Casa Editrice Montedit – Pubblicazione dell’opera premiata sull’antologia del Premio con assegnazione di 1 copia gratuita e su internet www.club.it
    • Opera 2^ classificata «Storia di un pupazzo di neve» di Angelina Grandinetti, Perugia PG
    • Opera 3^ classificata «Il regalo di Romualdo» di Giovanni Galeone, Mesagne BR
    • Opera 4^ classificata ex aequo «L’appartamento» di Giuseppe Raineri, Bergamo BG
    • Opera 4^ classificata ex aequo «Piume» di Adriano Tango, Crema CR
    • Opera 6^ classificata «Delirium» di Serenella Corsetti, Roma RM.
    • *Opera 7^ classificata «Capre e cavoli» di Pietro Rainero, Acqui Terme AL
    • Opera 8^ classificata «Il camperino» di Pietro Agostino Masotti, Chiasso – Svizzera
    • Opera 9^ classificata «Gerardo e il Mago» di Domenico Rubino, Tricarico MT


    Vincono Attestato di merito – Buono valido per avere 20 copie in omaggio in caso di pubblicazione di un proprio libro con la Casa Editrice Montedit – Pubblicazione dell’opera premiata su internet www.club.it




    La proclamazione dei vincitori e dei segnalati, con la consegna dei relativi premi e riconoscimenti, avverrà pubblicamente a Chiaromonte Sabato 16 Settembre 2023 alle ore 18:30 presso il Museo Antropologico di Giura in Largo dell’Area Sacra – Chiaromonte (Potenza) . Tutti i premiati verranno tempestivamente avvisati.


    Associazione il Sorriso Chiaromonte (Pz)

    Opere vincitrici



    Matilde Maria Bisegna


    Opera 1^ classificata


    È inverno


    Un sole di perla
    raggela il cielo pallido.
    L’aria inquieta e livida
    toglie colore alla terra
    e raccoglie il sospiro stanco
    dell’ultimo albero assonnato.
    Le case senz’ombra
    racchiudono la loro fragilità.
    Le strade, mute e sole,
    vanno senza vita
    verso l’orizzonte lontano.




    Natascia Milani


    Opera 2^ classificata


    Anima


    E rimarrò in silenzio…
    voce che mi chiami
    a scrivere la vita.
    Nel respiro, troverò
    il giorno e seducenti parole.
    La sera e il declinare verso l’eterno.
    Ascolterò recisi abbandoni
    in pallidi sogni e in fogli strappati.
    Si perdono passi nell’ombra
    e nascono sguardi di cielo.
    In questo divenire indifferente,
    il fruscio di memorie e l’agonia
    di vecchie stagioni.
    Tra ultime rose,
    fragili albe e l’infinito profondo.
    Soffia il vento fra le fronde
    di un nespolo spoglio
    tra prati d’attesa.
    E dolce sarà il riverbero sul cuore,
    in questa notte di solitudine.




    Giuseppe Raineri


    Opera 3^ classificata


    Il gabbiano

    Siedo distratto di fronte ad un mare agitato
    schiaffeggiati entrambi dal vento del sud
    colmo di un’inspiegabile, fastidiosa inerzia.
    Le onde rumoreggiano
    leggo potenza, forza
    ma non avverto minacce.
    La schiuma di flutti ormai flebili mi lambisce
    mentre aria salmastra riempie le narici.
    Un gabbiano governa le correnti
    ad ali spiegate, ferme
    veleggia padrone della sua vita
    come non lo sono mai stato della mia.
    Invecchiare ogni istante ora e qui non mi spaventa,
    mi turbano piuttosto, mi infastidiscono
    i riti, gli obblighi, i rimpianti, la commiserazione, la pena
    a contorno del mio deperire.
    Allontano con un gesto i pensieri grevi.
    Volgo lo sguardo nuovamente al cielo
    e lo vedo librarsi libero.
    Quando sarà giunta la sua ora
    potrà scegliere
    se lasciarsi cullare dalle onde
    senza clamore
    senza pretese
    oppure raggiungere un’isola solitaria
    e lì abbandonarsi all’ultimo sonno.
    Non vorrei essere come lui
    vorrei essere lui.




    Lucio Postacchini


    Opera 4^ classificata


    Un giorno di primavera

    Poesia che nasce
    Nel vento leggero,
    In un giorno di sole
    Di un marzo che muore,
    Ma che inonda il campo
    Di gentil primavera.
    Si sente l’odore del tempo
    Di passate stagioni,
    D’anime assolte
    E vibranti in farfalle
    Che si posano lievi,
    Come il passo di chi sente
    L’incanto.




    Luciana Battista


    Opera 5^ classificata ex aequo


    Provincia

    Un borgo lontano
    Sulla collina

    Sguardi furtivi
    Le sere d’estate
    Strade deserte
    Le sere d’inverno

    La grande sequoia
    Nell’alba autunnale
    Il mondo racchiuso
    Nel nostro giardino

    I giorni e le notti
    Che scorrono uguali
    Sete di vita e di altrove

    L’urgenza di crescere
    E andare lontano…




    Rosanna Bianchi


    Opera 5^ classificata ex aequo


    Tempi di guerra

    Bimbo che insegui una farfalla
    e accarezzi la vita,
    non guardare l’orizzonte di fumo
    che cancella il giorno,
    sono nuvole nere dove nascosti
    giocano i pensieri

    non ascoltare il fragore dei tuoni
    che spezza il tuo sonno,
    sono i suoni del cielo
    che rincorrono i sogni

    non tremare se l’aria si gonfia di grigio
    e ti arruffa i capelli,
    è la voce del vento
    che racconta il suo viaggio

    non avere paura
    verrà l’Arcobaleno




    Cassandra Serantoni


    Opera 7^ classificata


    ltalena

    Ieri sembravo stare meglio
    Ma oggi le lacrime hanno lo stesso sapore
    Degli ultimi tempi
    Un vuoto che ha un solo nome
    Un peso che ha un solo valore
    So di saper amare
    Ma non ho la forza di farlo di nuovo
    Che ne sarà di me?




    Giulia Mansueto


    Opera 8^ classificata


    Vischio

    A volte la salvezza
    Arriva
    A tentoni
    A spizzichi e bocconi.
    Si diffonde piano piano
    Come il vischio:

    Da uno all’altro ramo.




    Claudio Galli


    Opera 9^ classificata


    Piumone a giugno

    Dalle persiane l’odore, l’estate è alle porte.
    Al mio fianco riposi e vibri forte,
    così forte che io vibro di te,
    così forte che non lasci dormire me.

    È possibile di questo fare senza?
    Con te riconosco la mia frequenza,
    percepisco il mio suono,
    rivedo la persona che realmente sono.

    Appartengo al vostro mondo,
    come voi non sono piatto, ma tondo.
    Quando lo accetterò in sostanza?

    Sostanza: sos in questa stanza.
    Se non ci uniamo il letto continuerà a danzare,
    per avvicinarci là dove cerchiamo di non andare.

    Fuori è fresco, anche se non è stagione,
    fuoco invece qui, sotto il piumone.
    Ti va di ballare con me?

    Tra poche ore ci separeremo e sai perché.
    Gli uccellini ci fanno da complesso,
    te lo richiedo, ti va di ballare con me lo stesso?




    Vittorio Di Ruocco


    Opera 10^ classificata


    Gli alberi sono spogli di speranza

    Dedicata ad Alina, una giovane donna ucraina uccisa durante un bombardamento russo su Kharkiv mentre prestava soccorso ad un bambino ferito

    Adesso tu cammini a passi stenti
    tra vortici di lucida follia
    nel fuoco inestinguibile dell’odio
    sotto la neve che nasconde il cielo.
    Lo sguardo è spalancato sul tramonto
    trafitto dalle luminose stelle
    sganciate da sparvieri di metallo.
    L’esercito nemico è a pochi passi
    nascosto dal silenzio della notte
    dall’urlo muto delle tue parole
    nel buio della speranza che svanisce.
    Gli alberi sono spogli di speranza
    non hanno foglie, le ha staccate il vento
    non hanno rami, li ha bruciati il fuoco
    non hanno vita, l’ha distrutta il Male.
    E non ha più radici l’esistenza
    travolta dalla furia del terrore
    dall’orgia incontinente del potere.
    All’improvviso tutto l’universo
    sembra sparire dentro un buco nero
    nel cieco abisso dell’intolleranza
    nell’orrido della sopraffazione
    nel bieco sogno dell’annientamento.
    Ma non c’è più paura nei tuoi occhi
    l’ha cancellata l’urlo della morte
    caduta come un lampo tra la gente
    a dissanguare teneri sorrisi
    a trascinare anime indifese
    nel folle mondo della crudeltà.




    Vincenzina Votta


    Opera 1^ classificata Poesia Dialetto Lucano


    A’ primavera

    Stamatina ben priest
    Han tuzzulat a finestra
    Era nu ragg r sol, ca vulia tras inda a casa
    P ric na cosa:
    “guarda a natura, è arrivata a primavera!!!!”
    Allora m’ so affacciat fora
    e m’ so incantata sola sola:
    i stell so sces ra a u ciel, e na pianta r ginestra hanna illuminat
    Vec inda nu prat , ca accumenzn a cammnà, i fiur appena nat
    Si auz a cap m’ rend cont
    ca nu culor delicat, nu mandorl a mprufumat.
    inda u silenzii r sta matina
    S sent u cant r nu canarin
    ca sopa a nu ram, cu tant amor,
    fac nu nir, p i criatur.
    Chi meraviglia!!!
    Cu a vocca piglia, erva, ram e fogl
    E fac nu mscugl
    Tutt ndrcciat
    Chin r cura e sntment Cum sul chi vol chi vol ben, sap fa.
    Ch poc cos, ha fatt na casa , addò a famiglia pot stà.
    Nu vient delicat
    naca u nir senz r s fas sent
    e canta na ninna nanna pa vita appena nata
    È proprii ver, nu nir senza amor
    È cumm a na primavera senza fiur
    Semb e sul viern indo o cor
    Pur inda a fnestra r u ciel, na nuvola ca stai p passà
    s’incantata a guardà
    S mett a chiang p l’emozion!!!
    E na goccia
    m car n faccia,
    ra l’uocch scenn
    ca so accecat ra a luc r a primavera
    E ra a meraviglia ra vita e ra natura.




    Piera Caivano


    Opera 2^ classificata Poesia Dialetto Lucano


    I Lucani

    I Lucani
    so gend strana
    p niend li vid cundend
    e semb p niend li vid p lu muss n’derr.

    I Lucani
    so nu popol curius
    portn nfacc i rasch
    d na aier trist
    e sop i spadd
    u pes d na storia
    fatt d valigg d carton,
    miseria, fam, servitù,
    lott contadin e d lu sdor d la campagna.

    I Lucani
    so gend can nun parl assai
    e s dai semb da fa;
    si quann vai for p ind i terr ved nu fior
    stai attient a nu lu carpià e si n’ciel ved nu tramont
    s’ingand a guardà.

    A dimostrazione
    ca ai Lucani
    l’abbast nient p ghess cuntend
    na stizz di vin o
    na stizz d cafè
    nu piatt di fusidd
    na iurnat d sol
    e a banda ca son p lu Sant Protettore
    p s legg n’facc la cundandezza
    pchè nun è o ver niend nun è niend
    niend è assai.




    I Lucani (Traduzione)

    I Lucani / sono gente strana / per niente li vedi contenti / e sempre per niente li vedi con il muso a terra.

    I Lucani / sono un popolo curioso / portano sul viso i segni
    di un passato triste / e sopra le spalle / l peso di una storia / fatta di valigie di cartone, / miseria, fame, servitù, / lotte contadine e del sudore della campagna.

    I Lucani / sono gente silenziosa / se quando vai in campagna / camminando per i terreni vede un fiore / sta attento a non calpestarlo / e se in cielo vede un tramonto / s’incanta a guardarlo.

    A dimostrazione / che ai Lucani / basta niente per essere contenti / un goccio di vino / un goccio di caffè / un piatto di fusilli / una giornata di sole / e la banda che suona per il Santo Protettore / per leggersi in faccia la contentezza / perché non è vero niente non è niente / niente è molto.




    Michele Ungolo


    Opera 1^ classificata Narrativa


    L’ultimo Supereroe senza poteri

    La sordità è stata la mia fortuna.
    Mi chiamo Vito Borghi e ho perduto l’udito a sessantadue anni, poco prima di andare in pensione, a dire il vero, è stato proprio grazie a questa invalidità se ho accorciato gli anni che mi mancavano per congedarmi dal lavoro. Ero il capostazione della ferrovia di Grassano, Garaguso e Tricarico, tre comuni lucani i quali si dividevano in parti eque il merito di aver costruito una stazione per i cittadini lucani. Per me, al contrario, è stata una disgrazia. Il fischio dell’unico treno che passava da lì, mi ha portato a perdere gradualmente uno dei cinque sensi, 130 decibel dentro le mie orecchie,ogni giorno per trentatré anni.
    All’inizio ho nascosto a tutti il mio difetto, mi vergognavo troppo e non volevo essere etichettato come il sordo del paese, Stigliano è una cittadina piccola, ci conosciamo tutti, sarei diventato facilmente lo zimbello di amici e parenti, già immaginavo il soprannome che mi avrebbero affibbiato: “Veite le sorde”1, del duetto musicale con “Peppe le meute”2, quest’ultimo, Peppe, era mio cugino, muto per scelta, aveva fatto il voto del silenzio, “preferisco stare zitto piuttosto che parlare con la gente ignorante”, disse l’ultima volta che parlò.
    Io sordo, lui muto, e la band musicale sarebbe stata al completo.
    Con il tempo mi sono impegnato e ho imparato a leggere il labiale, ero diventato talmente bravo che nessuno si è mai accorto della mia sordità, probabilmente non sempre sono riuscito a comprendere le cose esatte, ma oggigiorno chi capisce veramente le cose?
    Solamente mia moglie ha seguito l’evolversi del problema, è stata mia complice fino a quando non ha raggiunto nostro Signore.
    La sua è stata una morte nobile, si è spenta durante il sonno, e francamente mi auguro di raggiungerla allo stesso modo.
    Ho vissuto gran parte della vita dentro le pareti della mia testa, senza udito è difficile aprirsi al mondo. Quando rimani da solo il tempo non passa mai, dopo aver seppellito mia moglie ho trascorso due intere settimane a osservare l’orologio appeso sulla parete della cucina, lo fissavo incessantemente fino a quando le lancette non si posavano entrambe su mezzogiorno, a quel punto mi alzavo dalla poltrona e cucinavo qualcosa da mangiare, apparecchiavo sempre la tavola per due, un gesto spontaneo che mi faceva sentire in compagnia. Dopo aver pranzato, lavato e sistemato i piatti nella credenza, tornavo sulla poltrona e aspettavo che arrivassero le diciannove per accendere la TV e vedere l’edizione del telegiornale. Alle ventuno, puntuale, salivo al piano superiore, mi sdraiavo sul letto, fissavo per qualche istante la macchia umida che ingialliva il soffitto intorno al lampadario e infine mi addormentavo.
    Una sera mi sdraiai sul letto con addosso ancora i vestiti, fissai la macchia umida fino all’alba, quando le prime luci del mattino filtrarono dal balcone alla mia destra, mi alzai dal letto, andai in bagno, mi guardai allo specchio, e spuntai un pochino i baffi.
    Da ragazzino, a dodici anni, avevo già la barba, rasavo tutto quanto tranne quei pochi peletti che nascevano da sotto il naso fin sopra le labbra, i baffi mi hanno sempre fatto sentire importante, più maturo agli occhi della gente .Quando poi sono cresciuto, cercavo di nascondere i peli bianchi tagliando solo quelli, ma ormai non ha più importanza se quelli scuri sono quasi scomparsi.
    Raccolsi i pochi abiti che avevo nell’armadio, li misi dentro un sacco nero, poi indossai il basco sulla testa e il gilet di velluto blu, chiusi la porta a chiave con tre mandate e mi allontanai da casa.
    All’epoca avevo un piccolo orticello, lo coltivavo e custodivo con gelosia, non avevo molte piantagioni, ma era il mio passatempo preferito. Mi misi a raccogliere i pochi ortaggi nati da qualche giorno: quattro pomodori, due zucchine e un’enorme cespo di lattuga, misi tutto dentro il sacco che conteneva i vestiti, accarezzai la pianta delle mandorle, e con un sorriso mi allontanai da quel luogo creato a mani nude con amore e sudore.
    Pochi istanti dopo mi trovai di fronte un cancello in ferro battuto, alle sue spalle, oltre il vialetto, intravedevo l’ingresso della maestosa struttura, simile a una di quelle ville in stile moderno che si vedono spesso nelle vetrine delle agenzie immobiliari.
    Sopra il campanello, che suonai per avvertire della mia presenza, era collocata una targhetta in pietra con all’interno il nome del posto “Casa Hostilianus”.
    Oggi, a novantasei anni, vivo ancora in questa casa di riposo.
    Noi anziani ci muoviamo lentamente, ma i nostri pensieri sono così veloci che spesso li dimentichiamo, un po’ come accade a Maria Antonia, la mia nuova compagna.
    Entrambi vedovi con più di novant’anni alle spalle e senza troppe farfalle nello stomaco.
    L’amore, quello vero, è quella cosa che provi solo una volta nella vita, puoi sentirlo ardere dentro, crescere, svilupparsi, mutare, ma rimane sempre tra quelle labbra che sfiorano le tue per la prima volta, quando ancora non sai nulla di tutto ciò che accadrà dopo. Sfiorare altre labbra, non mi ha mai dato la stessa emozione della prima volta. Nel momento in cui hai una nuova persona nella tua vita, il cuore batte forte, ma come accade con la cipolla, per arrivare alla parte interna, il fogliame esterno si sgretola e non puoi sistemare i pezzi per ricomporla così com’era. Siamo una coppia, ma non abbiamo più nulla da chiedere all’amore, siamo due persone che condividono insieme i pochi giorni rimasti, ci prendiamo cura l’uno dell’altro senza sognare più di quanto ci è concesso.
    Quasi ogni giorno si dimentica di tutto, a volte anche di me, se c’è un qualcosa che mi porto dietro da anni, quella è la pazienza. Ho appuntato su un taccuino le cose più importanti per lei, gliele leggo durante i suoi momenti vuoti, le mostro le foto dei suoi figli e pian piano torna a ricordare tutto quanto. Se Maria Antonia dimentica le cose, io purtroppo ricordo perfettamente tutto.
    Gaetano, Vincenzo, Nicola, Antonio, Filippo, sono solamente alcuni degli uomini che nel tempo hanno condiviso la camera con me, li ho visti entrare con le proprie gambe e uscire con quelle degli altri. Non è stata un’epidemia, una guerra o un meteorite a spazzare via tutti i miei fratelli, ma l’evolversi della vita, e il suo ultimo stadio: la vecchiaia.
    Quando rimani l’ultimo, non sempre si tratta di fortuna.
    Entrare in camera e trovare una persona nuova che sta per occupare il letto lasciato vuoto è atroce. Ricomincia tutto daccapo: «Piacere, io sono Vito, dormo nel letto vicino al termosifone, l’altro è il tuo». Inizia sempre così la conoscenza per me, prima si spiegano le regole della stanza, e poi pian piano si illustra tutto il resto.
    E dal momento in cui ti affezioni, ricomincia la mia maledizione, l’uomo che fino a pochi istanti prima divideva la stanza con te, strappava fogli di carta dal tuo rotolo di carta igienica, lavava la faccia nello stesso lavandino e usava il tuo asciugamano perché non sapeva dove asciugarsi, sparisce per sempre, l’unica consolazione che ho è quella di non riuscire a sentire il loro dolore. Quando il mio coinquilino muore, piango per tre giorni, il primo per rispettare la sua assenza e ricordare quello che mi ha lasciato la sua compagnia, il secondo per la sciagura della solitudine, e il terzo giorno piango già per chi dovrà arrivare dopo, nel caso in cui sia io a lasciare la stanza prima di lui, voglio ricambiare fin da subito le lacrime che potrebbe versare per me.
    Natalino è stato il mio coinquilino per più tempo, alto un metro e novanta, leggermente incurvato in avanti e magro da far paura, aveva lavorato con l’ANAS fino alla pensione. Amante dell’abbigliamento elegante, indossava quasi sempre una giacca di velluto marrone sopra una camicia bianca, le pantofole di pezza, però, non le toglieva mai, diceva: «Quando sto in casa, devo stare comodo». Prima di arrivare in Casa Hostilianus subì un intervento chirurgico importante, gli asportarono parte dello stomaco e da quel momento fu costretto a raccogliere le feci all’interno di una sacca, per forza di cose le OSS (Operatore Socio Assistenziale) gliela dovevano sostituire ogni giorno.I tre anni insieme sono praticamente volati.
    Aveva quattro figli, tutti maschi, e non passava giorno che non venissero a trovarlo e quando non potevano venire, lo chiamavano sempre.
    Nella casa di riposo, ognuno di noi trova il suo spazio, una sorta di posto fisso,che non ha nulla a che vedere con il lavoro, ma semplicemente nella scelta di una seduta, dove ti siedi il primo giorno lì rimani per sempre, e guai a chi osa occupare il tuo spazio.
    Avevo scelto una poltrona con alle spalle una finestra che dava sul giardino,da lì avevo ampia veduta su tutta la sala e potevo controllare entrambi i corridoi di destra e sinistra che portavano al dormitorio. In realtà avevo scelto quel posto anche perché di fronte avevo la porta dell’ingresso, ogni tanto mi fermavo a guardarla e speravo entrasse mio figlio, ma questo non è mai accaduto. Ha dimenticato di avere un padre, io però non ho mai messo da parte l’amore che provo per lui. Troppo impegnato nella sua vita, non lo biasimo affatto, l’ultima volta che l’ho visto, è stato durante il funerale della madre, si è fermato per soli due giorni, ma è stato come rivivere tutta la sua infanzia, da all’ora sono trascorsi tanti anni, ho smesso di contarli.
    Questo posto è tutto ciò che vedrò da qui alla fine. Non è poi così diverso da una stazione dei treni, ognuno sale e scende, entra ed esce, con la sua valigia oppure senza.
    I tuoi abiti d’un tratto non hanno più valore, gli armadi si svuotano, e le borse si riempiono dei pochi affetti che lasciamo nel testamento per chi rimane.
    Da giovane la paura più grande è quella di morire troppo presto, da vecchio, invece, è quella di dover vivere ancora a lungo. Arriva un momento in cui ti svegli dopo una lunga dormita e speri di trovarti d’innanzi a San Pietro, desideri che apra finalmente quel cancello per farti entrare, ma ciò non accade e ti ritrovi ancora nel tuo letto.
    Mi piace credere che, dopo la morte, i pensieri vivono dentro la testa ancora per un po’, fino a quando passa qualcuno dalle nostre parti e li recupera,è così che diamo vita al nuovo, ed è così che anche da morti continuiamo a vivere.



    L'Albo d'Oro:
    Premio Letterario Nazionale Poesia a Chiaromonte 2024-2025 
    Premio Letterario Nazionale Poesia a Chiaromonte 2023 IX Edizione
    Premio Letterario Nazionale Poesia a Chiaromonte 2022 VIII Edizione
    Premio Letterario Nazionale Poesia a Chiaromonte 2020-2021 VII Edizione
    Poesia a Chiaromonte 2002 VI Edizione
    Poesia a Chiaromonte 2001 V Edizione
    Poesia a Chiaromonte 2000 IV Edizione
     
     
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